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Com’è fatto il Padiglione Italia di Expo Dubai 2020

3 scafi di nave capovolti sono il tetto del padiglione ideato da Carlo Ratti e Italo Rota

Italo Rota | Carlo Ratti Associati

Com’è fatto il Padiglione Italia per Expo Dubai 2020
Scritto da Redazione The Plan -

«Veleggia in mezzo al deserto come una barca in mezzo al mare, è un tricolore che si può vedere a distanza di chilometri». Sono queste le parole che Carlo Ratti sceglie per presentare il Padiglione Italia di Expo Dubai 2020, realizzato in collaborazione con Italo Rota Building Office, F&M Ingegneria Matteo Gatto, premiato come miglior progetto imprenditoriale dell’anno ai prestigiosi Construction Innovation Awards negli Emirati Arabi Uniti (visitabile fino al 31 marzo 2022). Si tratta di un progetto molto importante, in parte perché inaugura la prima Esposizione Universale del mondo arabo, in parte perché pensato come un'architettura capace di evolversi nel tempo e in modo sostenibile. In che modo, ce lo spiegano i progettisti e alcuni dei top designer del momento. 

 

Com’è fatto il Padiglione Italia, dalle alghe ai fondi di caffè

Alghefondi di caffè, bucce d'arancia e sabbia, sono questi i materiali da costruzione "innovativi" utilizzati per la costruzione del Padiglione Italia, edificio che si estende su una superficie di oltre 3.500 metri quadri e che offre un'idea ben realizzata di architettura riconfigurabile e design circolare. Uno degli obiettivi è infatti quello di mostrare una soluzione in grado di sfidare l’attuale crisi climatica. Nel percorso espositivo sono coinvolte alcune tra le aziende più innovative d’Italia, e tutti i materiali sono stati scelti in coerenza alle linee guida dell’economia circolare e sviluppati in collaborazione con Mapei, azienda produttrice di prodotti chimici per l'edilizia.

Nello specifico, caffè e bucce d'arancia (lasciate essiccare e ridotte in polvere), vengono utilizzati per rivestire i percorsi e le passerelle sospese. La sabbia, di provenienza locale, serve per una duna alta 5 metri su cui poggia l'intero Padiglione, al cui interno si sviluppa un percorso arricchito da una serie di elementi verdi, con oltre 160 specie vegetali. Sviluppato in collaborazione con il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) e con il botanico Flavio Pollano, questo paesaggio naturale rende omaggio alla biodiversità e alla bellezza ecologica dei territori d’Italia e del Mediterraneo. Particolare attenzione è dedicata al ruolo delle piante nella lotta alla desertificazione.

Raccogliamo qui la dichiarazione di Italo Rota sul progetto:

Il Padiglione Italia ha una struttura molto sofisticata, ma più che un’architettura nel senso canonico è una grande installazione sperimentale dedicata ai confini ormai sfumati tra Naturale e Artificiale. La sua costruzione si ispira allo stesso tempo ai biotipi naturali e alle tecnologie più avanzate che derivano dalla ricerca spaziale. Da un lato, l’edificio guarda all’organizzazione delle foreste tropicali, dove la luce filtra da un’alta copertura e la vita è organizzata di conseguenza. Dall’altro lato, un tema cruciale è la produzione di neo-materia: nuovi materiali da costruzione di origine organica e biologica, la cui produzione tecnologica non è da confondere con il riciclo. Il Padiglione Italia rappresenta quasi una sorta di architectural banking: un catalogo da cui scegliere gli elementi di architetture future.

 

Tre scafi formano il tetto del Padiglione

La scelta della copertura dell'edificio non è casuale, perché si ricollega al tema delle connessioni via mare tra la penisola italiana e quella araba, adattandosi in questo modo sia al tema della partecipazione nazionale dell'Italia ("La Bellezza unisce le persone") sia a quello dell’Expo Dubai 2020 in generale ("Connecting minds, creating the future”). Tre scafi formano il tetto del padiglione e, al termine dell'esibizione, saranno liberi di salpare verso altre destinazioni. Sono lunghi dai 40 ai 50 metri, sostenuti da 150 sottili pilastri in acciaio, ciascuno alto 27 metri, e sono stati realizzati con il contributo di Fincantieri, il maggiore costruttore navale d’Europa. A loro volta questi ultimi elementi sorreggono una membrana di copertura a forma di onda, realizzata con cuscinetti in ETFE, e uno strato forato di lamine metalliche il quale modula l’ingresso della luce. Visti dall'alto, gli scafi appaiono rivestiti di una vernice innovativa sviluppata dal Gruppo Boero. I colori verde, bianco e rosso formano quello che è il più grande tricolore della storia italiana, esteso su 2100 metri quadrati.

Altra cosa curiosa è che il padiglione non presenta pareti, ma è delimitato da una facciata multimediale a tenda, composta da corde nautiche. La facciata si illumina e diventa dinamica grazie ai LED incorporati sulle corde. Le corde sono prodotte in plastica riciclata e usano l'equivalente di quasi 2 milioni di bottiglie d'acqua; ne risulta un intreccio verticale che si estende per quasi 70 chilometri di lunghezza complessiva. Anche in questo caso, a Expo concluso, saranno riutilizzate seguendo i princìpi dell'economia circolare. Proprio l’impiego delle corde nautiche, insieme a un sistema di raffrescamento localizzato con nebulizzatori, consentono di ottenere ombreggiamento e ventilazione naturale e migliore comfort termico. 

 

Una cupola ricoperta di macchia mediterranea e alga spirulina

Dal percorso interno si arriva con una scala mobile fino a 11 metri dal suolo: da questo punto panoramico è possibile osservare l'intero Padiglione e camminare su una passerella sospesa al di sopra degli ambienti espositivi. Tra gli spazi più interessanti citiamo il Belvedere: una costruzione circolare sormontata da una cupola ricoperta da piante selvatiche della macchia mediterranea, la quale richiama i giardini rinascimentali. Qui accanto, la microalga spirulina, coltivata dall’azienda del settore delle energie rinnovabili TOLO Green, rende possibile la purificazione dell'aria tramite la biofissazione dell'anidride carbonica prodotta dai visitatori.

Da segnalare la presenza dell’Innovation Space dedicato alla ricerca tecnologica, con le installazioni digitali “Second Sun” e “Second Moon” realizzate da Enel X che creano un crescendo di effetti luminosi legati alle emozioni dei visitatori monitorate in tempo reale, ma anche il “Teatro della Memoria”, dove si trova una copia del David di Michelangelo stampata in 3D, realizzata della Galleria dell'Accademia di Firenze e dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali, in collaborazione con il Dipartimento di Ingegneria Civile e Ambientale dell'Università degli Studi di Firenze.

 

Un intero progetto creato col BIM 

Il padiglione è stato interamente realizzato sfruttando la modellazione BIM (Building Information Modeling). Tutti i progettisti, architetti, ingegneri strutturisti ed ingegneri impiantisti, hanno sviluppato il progetto con il software Revit attraverso l’utilizzo della metodologia BIM, lavorando da uffici dislocati in luoghi geograficamente diversi. Ciascun tecnico coinvolto ha costruito virtualmente le porzioni di edificio di propria competenza verificando in tempo reale le interferenze con quanto costruito virtualmente dai colleghi. Grazie a questa gestione tridimensionale contemporanea di tutti gli utenti, è stato possibile riscontrare e risolvere in tempo reale le interferenze tra spazi architettonici, strutture ed impianti, gestendo la geometria complessa del Padiglione senza alcuna difficoltà. Commenta il risultato Federico Zaggia, Partner e Project Director di F&M Ingegneria.

Un coordinamento interdisciplinare del progetto tra F&M e il team di architettura ha permesso un lavoro efficace e puntuale, insieme al coordinamento con gli operatori in cantiere durante la fase di esecuzione. La modalità BIM è stata adottata dalla progettazione alla realizzazione con massima efficienza risolvendo ogni interferenza. Gli ampi spazi a disposizione sul primo impalcato, chiamato la grande duna, con ampie facciate senza alcun pilastro e la struttura-architettura interamente a vista, sono il frutto delle sofisticate analisi strutturali condotte dai nostri ingegneri specialisti. La complessa gestione di cantiere, dove ogni fase è stata pianificata nel dettaglio, e la realizzazione di manufatti di grande complessità geometrica si è trasformata in una sfida vinta con il massimo risultato.

Altro vantaggio della progettazione BIM è la stima accurata delle quantità dei materiali impiegati per la costruzione, grazie alle quali sono state sviluppate le stime di costo ed i computi metrici estimativi. Le potenzialità del software sono state decisive per il trasferimento delle informazioni progettuali agli stabilimenti produttivi. Grazie all’interfaccia tra il software dei progettisti ed il software delle macchine a controllo numerico, è stato possibile sviluppare in tempi ristrettissimi e con massima accuratezza tutti gli elaborati costruttivi di officina, avviando la produzione delle carpenterie con congruo anticipo rispetto alla posa. In fase di cantierizzazione, la metodologia BIM ha permesso la gestione dell’avanzamento dei lavori, monitorando in tempo reale le operazioni di cantiere.

Credits immagini: Michele Nastasi 

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