Mostra internazionale del Cinema di Venezia, uno spaccato di umanità
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Mostra internazionale del Cinema di Venezia, uno spaccato di umanità

Come entra l’attualità nel mondo del grande schermo? Oltre al glamour e al red carpet, la guerra, i cambiamenti climatici, la solitudine

Atelier(s) Alfonso Femia

Mostra internazionale del Cinema di Venezia, uno spaccato di umanità
Scritto da Redazione The Plan -

Il cinema è anche un territorio di incontri, dove mondi diversi, talvolta lontani, hanno la possibilità di intrecciarsi; ed è in questa dimensione che l’attualità trova uno spazio in cui incunearsi tra le scene del grande schermo. Lo fa il cambiamento climatico, lo fa un territorio di passaggio, di storia e di flussi come il Mediterraneo, lo fa la guerra – in Ucraina e non solo – e lo fanno i diritti all’interno della 79. Mostra internazionale del Cinema di Venezia.

I cambiamenti climatici, si diceva: il caldo asfissiante, le migrazioni climatiche, la pioggia che non arriva o, se arriva, che fa danni con la sua furia. Quanti significati ha la parola siccità? Non poteva che essere una storia corale, di una comunità colpita dagli stessi problemi sociali e dalle stesse sfide, per le quali è necessario ricompattarsi. È la proiezione nel futuro di una Roma osservata con gli occhi dell’isolamento della pandemia il nuovo film di Paolo Virzì con Michele Mastandrea, Monica Bellucci e Silvio Orlando, tra gli altri. Siccità è il titolo del film fuori concorso, che è anche aridità, solitudine, prospettiva «apocalittica», come l’ha definita lo stesso regista. «Nel momento in cui le strade delle nostre città erano deserte, ed eravamo chiusi ciascuno a casa propria, connessi l’uno all’altro solo attraverso degli schermi, ci è venuto naturale guardare avanti, interrogandoci su quello che sarebbe stata la nostra vita dopo – ha continuato Virzì –. Abbiamo iniziato a fantasticare su un film ambientato tra qualche anno, in un futuro non così distante dal presente». Una Roma dove, da tre anni, non piove. E la mancanza d’acqua stravolge regole e abitudini. Nella città che muore di sete e di divieti si muove un coro di personaggi, giovani e vecchi, emarginati e di successo, vittime e approfittatori. Tutti in cerca di redenzione:

«Abbiamo fatto un sogno, una Roma di dopodomani, vicinissima – ha dichiarato alla presentazione alla stampa Paolo Virzì –, come una visione di fantascienza. Roma alle prese con una grave emergenza climatica e sanitaria. Non poteva che essere una storia collettiva, di tanti destini e di tanti personaggi. Ne viene fuori un disegno portatore, in sé, già dei segreti per la salvezza possibile: sta proprio nella struttura del racconto, perché tutte queste solitudini, tutti questi destini di persone in affanno, alle prese con le rispettive avidità, con le loro disperazioni o con le loro disperate speranze, in fondo, sono tutte interconnesse. Legate uno all’altro. Ci sarà una salvezza quindi? Ci sarà, probabilmente, se saremo in grado di riconnetterci. Questo film, a un certo punto, diventa una sorta di preghiera, una preghiera laica aspettando la pioggia, aspettando la consolazione. È un film apocalittico, ma è anche una storia che non si può raccontare senza speranza».

 

Quante storie lungo il mar Mediterraneo

Luisa è al mare Courtesy of SON OF A PITCH AWARD

Il rapporto con il Mare Nostrum, tra il vero e l’immaginario, è il cuore del cortometraggio vincitore del premio Son of a Pitch Award per la sezione Territori invisibili, di confine e di domani, Luisa è al mare, su regia di Giuseppe Caponio e premiato appunto nel corso della Biennale Cinema 2022. Son of a Pitch Award, presieduto da Pif, è il premio internazionale dedicato agli under 30, dalla corposa partecipazione di cortometraggi asiatici, in particolare Kyrgyzstan, Iran e Taiwan; Paesi dai quali arrivano gli altri cinque vincitori delle sei sezioni (Miglior Corto, Miglior Regia, premio Futuro, Sostenibilità, Intercultural e premio del Pubblico). Le premiazioni, come nel 2021, si sono tenute a Venezia nel corso della kermesse, a ribadire la volontà di diventare un suo appuntamento fisso.

Luisa, la protagonista del film vincitore del riconoscimento Territori invisibili, di confine e di domani, è una bambina di 10 anni, che vive in una piccola casa in collina nel territorio murgiano. Il mare non l’ha mai visto. Avendo sempre fantasticato su quello che per lei è stato solo frutto della sua immaginazione, il giorno del suo compleanno esce di casa per andare a scoprirlo. Rovistando nell’armadio della madre, trova un costume intero nero a pois, indossa le zeppe, prepara la borsa di vimini, ci mette dentro un pacco di sale ed esce di casa con la sua bambola preferita. Barcollando sui tacchi, attraversa la strada asfaltata e si immerge in un fitto campo di grano, diretta verso il suo mare. Facendosi spazio con le mani tra le spighe, emerge una vecchia vasca in pietra per far abbeverare le mucche. Luisa avanza, per poi fermarsi al bordo della vasca; tira fuori il sale, se ne mette un po’ sulla mano e lo sparge lentamente nell’acqua. A quel punto si lascia cadere, immergendosi con leggerezza sott’acqua: è nel suo mare, nella sua realtà circoscritta. 

Luisa è al mare Courtesy of SON OF A PITCH AWARD

Il premio Territori invisibili, di confine e di domani è stato consegnato al regista dall’ideatore stesso del riconoscimento, l’architetto Alfonso Femia:

«Il viaggio immaginario e reale di Luisa è la dimensione che lega ognuno di noi a una idea di territorio che in questo caso coincide con il Mediterraneo e ancor di più con il mare, dove il rapporto con l’acqua è simbolo di equilibrio, di armonia e di felicità – ha sottolineato il fondatore dell’Atelier(s) Alfonso Femia e del gruppo 500x100 –. Il desiderio del rapporto con il mare, evocato e immaginato, in un territorio che rischia di rendere invisibile il sentimento e l’anima che muove Luisa nel perseguire il suo sogno, trova la forza nel come il personaggio trasforma il suo paesaggio in un mare ancora più potente di quello reale, trasformando l’opera in un atto di realismo immaginario».

Per l’architetto, dunque, un modo in più per sensibilizzare nei confronti del rispetto e della valorizzazione del mare intorno alla penisola italiana: un impegno, il suo, che guarda anche al mantenimento e al rafforzamento dei legami e dei contatti tra popoli del Mediterraneo nel segno dell’inclusione. L’idea dalla quale ha preso forma il riconoscimento, del resto, è proprio la valorizzazione di territori considerati ancora oggi invisibili, poveri ma ricchi di bellezze nascoste.

>>> Scopri di più su La Biennale dello Stretto, una rassegna dedicata proprio a quel territorio di passaggio e al Mediterraneo.

«Ringrazio Son of a Pitch per l'occasione e per aver assegnato il premio al Territori invisibili di confine e di domani al mio cortometraggio Luisa è al mare – sono i ringraziamenti del regista, Giuseppe Caponio –. Ho voluto  esprimere il concetto di territorio e confine tramite una narrazione che lega il reale all'immaginifico, utilizzando lo strumento dell'immaginario per introdurci alla riscoperta della nostra terra. Riscoprire veramente noi stessi per andare avanti nel domani, ritornare alla nostra terra a volte stretta, angosciante, come l'utero di nostra madre, che ci ha fatto nascere ma ci ha donato desiderio e speranza».

SON OF A PITCH AWARD

L’edizione 2022 del Son of a Pitch Award è stata dedicata allo sviluppo sostenibile, domandandosi come i giovani registi stiano registrando i cambiamenti attraverso la propria persona, il lavoro, la tecnologia e l’ambiente.

Si è poi parlato di guerra, della sua paura a irrompere nel cinema. Il premio Intercultural in seno al Son of a Pitch Award è andato all’iraniano The Only Woman di Ehsan Solgie: a sceglierlo è stata una giuria composta da donne rifugiate ospiti della Casa di Giorgia, una struttura che accoglie donne in fuga da guerre, persecuzioni, tensioni sociali, povertà. Accompagnate molto spesso dai propri figli, provengono dall’Etiopia, dalla Nigeria, dall’Afghanistan e dall’Iran. E dall’Ucraina.

 

Una giornata dedicata all’Ucraina

79. Mostra internazionale del Cinema di Venezia

Nel voler ribadire il proprio ruolo di piattaforma di dialogo culturale e di solidarietà nei confronti del popolo ucraino, la Biennale di Venezia ha voluto istituire per l’8 settembre l’Ukrainian day, una dimostrazione di come il cinema e l’arte in generale possano essere un faro acceso contro l’oblio, nonchè un luogo di incontro. Tra gli argomenti di discussione da parte del presidente della Biennale, Roberto Cicutto, del direttore della 79. Mostra, Alberto Barbera, e, tra gli altri, dell’ambasciatore dell’Ucraina in Italia, Yaroslav Melnyk, la difficile situazione nella quale versa oggi l’industria cinematografica ucraina; la situazione delle co-produzioni; il ruolo degli autori e dei cineasti. Quale il futuro della cinematografica ucraina?

«Come è avvenuta questa tragica guerra? È avvenuta ora oppure otto anni fa ed è semplicemente passata inosservata agli occhi del mondo? E dove ha trovato il popolo ucraino la forza e la rabbia per combattere? Cosa succederà dopo?». Domande, queste, di Evgeny Afineevsky, regista del film fuori concorso Freedom on fire: Ukraine’s fight for freedom: un documentario per descrivere una guerra atroce che va avanti da oltre sei mesi, ma anche per raccontare il e avvicinarsi al coraggio di un popolo. 

«Attraverso le storie personali di civili, bambini, soldati, medici, anziani, giornalisti, leader religiosi e volontari internazionali – si può leggere nella sinossi –, è un diario che restituisce l’umanità a milioni di persone, le cui vite sono state stravolte da otto anni di conflitto».

 

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