Un’architettura parlante

Nato a Napoli, Cherubino Gambardella è architetto e professore ordinario di progettazione architettonica. Coniuga la riflessione sull’architettura alla ricerca progettuale testimoniate dalle opere realizzate che spaziano dall’edificio al quartiere, dal restauro all’architettura metropolitana. Si è affermato in premi e concorsi internazionali ed è stato finalista nelle edizioni 2003, 2006 e 2009 della Medaglia d’Oro all’Architettura Italiana della Triennale di Milano. Ha inoltre partecipato più volte alla Biennale di Venezia. L’istantanea della Torre dello Ziro è stata premiata come migliore immagine della Biennale 2010. I suoi progetti sono stati esposti in musei e fondazioni internazionali e pubblicati sulle riviste più accreditate.
Esiste una questione discriminante per quel che riguarda l’architettura: se essa sia un linguaggio oppure no. Linguaggio nel senso di lingua, di sistema grammaticale e sintattico atto a trasmettere dei messaggi. Linguaggio che per essere tale deve necessariamente avere dei codici condivisi. Theodor W. Adorno, filosofo e critico musicale, considerava la musica come un linguaggio a metà, che in parte comunica e in parte no; un linguaggio che quindi mantiene un qualcosa di arcano, di non accessibile, in quanto concepito per comunicare solo sé stessa. 
La questione è tornata di attualità ai nostri giorni e gira intorno ad una locuzione abusata ma su cui è necessario riflettere, quella dell’edificio iconico. Iconico nel senso di edificio che predilige la sua immagine, la sua venustas, alle altre due categorie vitruviane: la firmitas e l’utilitas. In generale due sono oggi le famiglie degli edifici iconici. La prima è quella che potremmo definire laconica, con le sue forme convenzionali, stilizzate e sospese, possibilmente nude. Una famiglia, questa, che appare oggi come la reazione...

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