Vista dall’alto, Houston sembra un paesaggio selvaggio, un insieme caotico di edifici, superstrade e di terreni scavati. Macchie di verde, marrone e blu-grigio rivelano la presenza di bayou, ovvero di corsi d’acqua paludosi evocativi di epoche primordiali, che sfociano nella baia di Galveston e, infine, nel golfo del Messico.
Vista dal basso, dall’auto – il mezzo di trasporto preferito dagli abitanti di Houston e, in quanto grandi consumatori di prodotti petroliferi, fonte di gran parte della ricchezza della città – la metropoli a un primo impatto non risulta facilmente leggibile. Grandi e trafficati nastri di cemento, ognuno contrassegnato da un proprio numero, si snodano attraverso e tra i quartieri, quasi a voler separare il più possibile i residenti dalla natura e da luoghi definiti.
Non avendo lo sfondo collinare di Los Angeles o l’affaccio panoramico sul lago di Chicago o sulla baia e i ponti di San Francisco, non sorprende che gli edifici più prestigiosi della città, come il RepublicBank Center o la Transco Tower – entrambi progetti di Philip Johnson e John Burgee degli anni Ottanta –, aspirino a farsi icone di un paesaggio urbano spesso colto da lontano e a velocità sostenuta.
La nuova sede di Houston Endowment ha priorità diverse. Sorge come un padiglione a sé stante, solitario su un sito leggermente in salita, visibile da più punti della città. Tuttavia, la sua espressione architettonica è discreta. Sull’ingresso situato a nord, una creativa insegna tridimensionale riporta la scritta “Houston Endowment” a lettere in acciaio inossidabile bianco, realizzata dai designer svizzero-texani MG&Co. Oltre a questo segno il progetto non vuole attirare l’attenzione o mettersi in mostra.
Per prima cosa si nota l’ampia pensilina bianca sospesa sopra i due volumi sovrapposti, un...
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