La Filosofia dell’arredamento è un vecchio libro di Mario Praz, un lungo excursus non tanto sull’arredamento, quanto sulla sua capacità di raccontare. Praz sin dalle prime pagine ci tiene a dire che lui è un amante delle case e dei loro arredamenti, li vede infatti come protagonisti della commedia umana, del suo eterno cambiare nel ripetersi uguale a sé stessa. Vede Praz gli arredi come i protagonisti del libro che ha amato ed emulato tutta la vita, la Recherche di Proust.
Gli interni delle case, aveva ragione Praz, raccontano: certamente alcuni raccontano di più, altri di meno e forse è da questa distinzione che si può evincere la qualità di uno spazio interno rispetto ad un altro. Oggi gli arredamenti si possono distinguere in due categorie. La prima è in definitiva ancora in linea con l’800, il secolo in cui nasce l’arredo borghese, e pone a priori una distinzione tra lo sfondo delle pareti e gli oggetti per arrivare spesso al voluto contrasto tra i due. Gli architetti del Moderno italiano sono stati dei maestri di questo genere di arredo, pensiamo alla casa che Franco Albini ha realizzato per sé e la sua famiglia nella Milano della fine degli anni ’30 o agli interni con gli arredi leggeri e “galleggianti” di Giò Ponti. Negli anni ’60 del secolo scorso nasce un altro tipo di arredo, per certi versi mutuato dal design dei nuovi aerei di linea: quello full body, ovvero un arredo a scocca, avvolgente, tendente ad amalgamare gli sfondi delle pareti con i mobili. Il decostruttivismo ad esempio, con il suo iper-design, si è indirizzato, a dir il vero non sempre, verso questo tipo di arredo. Oggi, in un gusto profondamente cambiato che si caratterizza come opposto a quello decostruttivista, è tornato di moda l’arredo variegato, autonomo, completamente staccato dalle pareti....
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