Trovare spazio e farne buon uso. Osservando la lunga e pluripremiata lista di progetti realizzati da Ian Ritchie, insignito della Laurea ad Honorem in Building and Architectural Engineering dal Politecnico di Milano lo scorso ottobre, questa sembrerebbe una chiave di lettura sempre valida per interpretare la sua architettura. A questo bisogna aggiungere una particolare bravura nell’imbrigliare la tecnologia per domarla e farla diventare la coprotagonista perfetta di strutture in cui il moderno si fonde con l’innovazione in una dimensione che si potrebbe dire quasi domestica. Nel senso che esprime un senso di sicurezza che abbraccia e dona l’impressione di essere di fronte a un risultato dovuto e normale, quando invece non lo è affatto.
La Piramide Rovescia sviluppata con Pei al Louvre di Parigi (1993) e il Museo Reina Sofia a Madrid (1990, con Onzono e Castro) sono due esempi di architetture potenti, in cui il nuovo si accosta all’antico in modo forte e amimetico per creare un’espressione plastica unica che unisce il manufatto storico al racconto tecnologico contemporaneo. Sfide vinte che hanno messo d’accordo critica e pubblico, come solo alle migliori opere accade.
L’ultimo miracolo di Ian Ritchie è racchiuso nell’antica Royal Academy of Music di Londra. Un progetto completato lo scorso anno, dopo sei anni di lavoro e di impegno, con la volontà di garantire, al più antico conservatorio di Gran Bretagna, una nuova vitalità. L’edificio storico, vincolato, si sviluppa lungo la centralissima Marylebone Road, in forma di un blocco rettangolare e alquanto disordinato a causa di una volumetria modificata dall’affastellarsi di addizioni avvenute negli anni. Allo studio londinese è stato commissionato il rifacimento totale del teatro e il miglioramento delle connessioni interne al conservatorio. Lo spazio disponibile è quello ricavabile dalla...
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