Provate a chiudere gli occhi e a pensare alle architetture di Thom Mayne, il fondatore e la guida intellettuale dello studio Morphosis, e la prima cosa che vi verrà in mente molto probabilmente saranno le stratigrafie interconnesse e gli sfalsamenti di piano che creano gli elementi costituenti le facciate dei suoi edifici. Poi magari i volumi che sembrano spesso introflettersi o esplodere come fossero modellati da forze invisibili che sfuggono alle regole del mondo. Caratteristiche compositive che rendono l’architettura del progettista americano un unicum facilmente riconoscibile, un gioco plastico apparentemente libero che ha anticipato di un decennio le tematiche della cosiddetta architettura decostruttivista e che, da sempre, è stato una maniera di ribellione alla tendenza del postmoderno. Mayne testimonia, fin dal nome scelto per il suo studio, che la forma architettonica è moto, trasformazione e può venire rappresentata nello stesso momento attraverso un disegno complesso che mette in mostra de facto materiali e tecniche, con un approccio spaziale che richiama la teoria cubista e che volge, al tempo stesso, ad una logica razionalità funzionale e distributiva capace di interpretare il luogo e il tempo. Le architetture di Morphosis, infatti, sono sempre degli elementi regolatori, edifici che ridefiniscono lo spazio in cui vengono calati, creando nuove relazioni tra i volumi che costituiscono il tessuto urbano. Il nuovo ampliamento della Lawrence Technological University (LTU), realizzato a Southfield nel Michigan, è l’ancora pensata da Thom Mayne per dare un senso al futuro di un campus universitario cresciuto disordinatamente, apparentemente senza una regola. La chiave per comprendere il senso del progetto sta nello schizzo tracciato dal Premio Pritzker: un edificio che, sviluppandosi intorno a un punto fermo, diventa parte di uno schema cartesiano capace di scandire lo spazio imponendo una nuova legge...
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