Gianni Arnaudo si laurea nel 1971 al Politecnico di Torino in pieno clima di contestazione sociale e architettonica: siamo, per citare solo due episodi emblematici, a tre anni dall’occupazione della Triennale di Milano e negli anni del concorso del centro Pompidou a Parigi. E, proprio in quel periodo, Arnaudo inizia l’attività progettuale con Studio 65 (di cui è uno dei primi e principali protagonisti fino al 1976), uno dei gruppi dell’avanguardia radicale, affascinato dall’arte pop e collegato agli altri movimenti che si stanno sviluppando a Torino, ma anche a Firenze, a Milano e a Roma. Come accade per molta architettura radicale, le opere realizzate in quel periodo da Studio 65 avevano forti suggestioni iconiche: un approccio questo in cui è prevalente la dimensione concettuale, tesa a effetti di sorpresa e di spaesamento, che non verrà mai abbandonata da Arnaudo anche in ogni sua opera di design come il tavolo Déjeuner sur l’arbre realizzato per la Gufram e acquisito nelle collezioni permanenti di alcuni musei come il Centre Pompidou di Parigi e il Vitra Design Museum di Basilea. E difatti i suoi progetti, per quanto aggiornati secondo gli sviluppi delle esigenze e delle teorizzazioni architettoniche successive, dettate da una crescente consapevolezza ecologica, non perderanno mai di vista la forza di un’idea decisa e, all’occorrenza, provocatoria. Come dimostra, per esempio, la recente cantina per l’Astemia Pentita a Barolo dove la gran parte dell’edificio è interrata per lasciare emergere in superficie due volumi in legno che riproducono in macro le cassette del vino, con un cortocircuito linguistico fatto di citazioni colte (per esempio alla Duck, cioè all’edificio la cui forma è determinata dal proprio contenuto, teorizzata da Robert Venturi) e di ironie: non ultimo il fatto che i volumi a forma di cassetta siano rivestiti in legno e quindi...
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