Tra le scogliere di Calpe, vicino ad Alicante, non sembra esserci altro spazio al di là della roccia, del cielo, del mare e della macchia mediterranea, sia per la natura del terreno, duro e impervio, sia per un quadro che non chiede di essere modificato o arricchito in nessun modo.
La ricerca di un’architettura che nasce dal luogo e che sembra essere stata lì da sempre, che aggiunga valore al contesto senza sottrarne, trova la soluzione in linee e volumi che hanno negli archetipi mediterranei le proprie origini.
Nella compattezza e nell’essenzialità del volume, nella semplicità delle geometrie, nel candore del bianco si ritrovano gli elementi di un linguaggio che sembrano legare álvaro Siza, Souto de Moura fino a Campo Baeza, nel profondo rispetto e intimità del contesto in cui operano, nella capacità di introdurre il loro segno nella città e nel paesaggio, determinante, ma mai arrogante.
La relazione con il luogo parte dal contatto, materico e strutturale, con la terra: un sistema tridimensionale fatto di superfici orizzontali e setti portanti permette di ancorare i diversi spazi al terreno, ripido e aspro. Setti e superfici strutturali diventano membrane e quinte che definiscono e delimitano i diversi spazi della residenza, fulcro intorno al quale si distribuiscono tre diversi livelli scavati e recuperati dalla roccia su tre differenti quote altimetriche. Da quella intermedia, un percorso separato dalla roccia da un setto inclinato permette di accedere al garage e al nucleo distributivo che connette l’ingresso con gli altri livelli della residenza. Da qui si accede alla quota più bassa che ospita terrazza e piscina a picco sulla scogliera: il bianco dei setti delimita lo spazio e riflette il sole, l’acqua della piscina diventa limite con la terra brulla e polverosa della natura circostante. Il bianco e la luce delle superfici che delimitano la terrazza sono...
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