Una città di corti

Scritto da Carlo Ratti, Jenni Young - 13 giugno 2013

“Stanze a cielo aperto”. Così Luis Barragán, architetto messicano vincitore del premio Pritzker che ha impresso un’importante e duratura influenza sull’architettura della fine del Ventesimo secolo, descriveva i patii e i giardini da lui progettati, tratto distintivo della sua produzione architettonica. Non c’è modo migliore per comprendere il suo approccio all’idea di architettura che visitare lo Stato di Jalisco e la capitale Guadalajara, sua città natale.

È qui che si trovano gli esiti della fase iniziale della sua produzione, prima del trasferimento a Città del Messico dove sviluppò la sua personale interpretazione dello Stile Internazionale. La sua opera non fu capita fino agli ultimi anni del suo percorso professionale, quando realizzò non meno di sei edifici a Città del Messico e il Museo d’Arte Moderna di New York gli dedicò una retrospettiva (1977). Soltanto nel 1980, pochi anni prima della morte, arrivò il riconoscimento definitivo con l’assegnazione del premio Pritzker. Esplorando Guadalajara con attenzione tenendo presente l’opera di Barragán, si individuano con facilità quali elementi di questa città siano stati per lui fonte di ispirazione. Si ritrovano elementi della tradizione artistica e artigianale locale come le sfere di vetro specchiato di Jalisco onnipresenti nell’ultima fase della sua produzione, ma salta agli occhi come sia l’architettura stessa di questa città ad avere influenzato l’essenza vera del suo fare. Le realizzazioni di questa prima fase evidenziano uno stile abbastanza tradizionale, ma gli edifici a corte di Guadalajara, le fontane, le grondaie aggettanti e i massicci muri in pietra sono diventati elementi indelebili della sua memoria, che ritroviamo nell’organizzazione degli spazi pubblici e privati, nel ricorso a una scelta limitata di...