Caverna e tenda sono, secondo gli storici, i modelli archetipici del costruire. Con la caverna il Museo di Arte Contemporanea a Cleveland ha poche affinità evidenti; per limiti di budget, che non hanno consentito uno sviluppo sotterraneo, il volume si articola fuori terra. Possiamo però trovare analogie con la tenda in questa struttura, le cui facciate segmentate e riflettenti offrono al passante imprevisti e sorprendenti scorci interni: è l’involucro esterno di questa forma compatta e poco ortodossa che stabilisce un dialogo tra l’istituzione che ospita e il contesto, oltre a definirne i confini. La soluzione razionale delle geometrie e l’integrazione armoniosa delle componenti costruttive si accompagnano a una grande attenzione per le finiture e per le superfici riflettenti che avvolgono il volume creando un elemento cangiante in cui l’ambiente esterno si specchia e si riproduce. Il Museo di Arte Contemporanea (MOCA) non ha una collezione permanente, per cui non ha ampie zone di stoccaggio come la maggior parte dei musei d’arte. È una struttura destinata a ospitare mostre temporanee o installazioni che coinvolgano un vasto pubblico in un percorso culturale. Il MOCA di Cleveland si differenzia da molti recenti musei, come ad esempio il Museo d’Arte Contemporanea di Detroit, che hanno utilizzato con intento provocatorio strutture postindustriali dismesse. Questo è un oggetto dichiaratamente nuovo, un’ideazione e un innesto arditi all’interno della griglia urbana, un segno nello spazio, un potenziale elemento propulsore (per usare la terminologia di Aldo Rossi), che ingloba alcuni leitmotiv dell’architettura moderna nello sviluppo di un quartiere che comprende museo, università, strutture mediche ed edifici residenziali. La membrana esterna del MOCA riveste la ri-proposizione di un altro spazio archetipico: il “cubo bianco”, analizzato brillantemente da...
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