I giardini di Suzhou raccolgono l’eredità di un’antica città fluviale che fiorì all’epoca del commercio della seta e affascinò Marco Polo. Alte mura tengono lontana la bruttezza dell’agglomerato commerciale, acquisto degli ultimi cinquant’anni. Arrivando la mattina presto o fuori stagione si evitano i rumorosi gruppi di turisti e si riesce ancora ad ammirare i paesaggi stilizzati creati dagli artisti per le letture di poesia. Uniche presenze, vecchi seduti a giocare a mah jong e studenti che disegnano schizzi di padiglioni e corti, copiano lastricati, archi orientali e specchi d’acqua che riflettono le pagode.
L’interazione fra uomo e natura ha lasciato il segno su Ieoh Ming Pei, nato nel 1917 in quella che oggi è Guangzhou, dove ha trascorso le estati della sua infanzia nel giardino di famiglia di Lion’s Grove, prima di partire per l’America a studiare architettura al MIT e ad Harvard. Il Museo di Suzhou, completato da Pei nel corso del suo novantesimo anno di età, è un trionfale ritorno a casa, il coronamento di mezzo secolo di professione a New York. Membri della famiglia Pei hanno vissuto a Suzhou nel corso di quasi 700 anni: il richiamo quindi era forte, anche se in un primo momento l’architetto aveva avuto qualche riserva nei confronti della proposta del sindaco. Dopo il suo primo ritorno in Cina negli anni Settanta, Pei aveva progettato il Fragrant Hills Hotel nei dintorni di Pechino, realizzato in maniera approssimativa e sottoposto a una scarsa manutenzione: nel paese, trascinato verso il basso dalla Rivoluzione Culturale, gli standard qualitativi erano troppo scarsi per soddisfare un perfezionista.
Innanzi tutto, Pei suggerì all’amministrazione di Suzhou di risanare il fossato della città e di dedicarsi alle esigenze del suo nucleo storico. Nel 2002 infine torna apposta per progettare il museo: “Le mie...
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