L’intervento di Andrea Trebbi in via del Meloncello si collocava in un’area semiperiferica di Bologna dove, secondo il sadomasochista regolamento edilizio comunale, non era concesso intervenire sulle volumetrie esistenti. Neanche per trasformare una banale palazzina di edilizia speculativa in una lussuosa villa unifamiliare. A Trebbi non è restato quindi che lavorare di ingegno, togliendo all’edificio ogni carattere che ne poteva denotare le antiche funzioni. Via quindi i marcapiano in cemento e via il rivestimento in cortina grazie a una uniforme pittura bianca che esalta i pochi, ma non del tutto sgraziati, giochi volumetrici della preesistenza. Via la vista del domestico tetto a tegole grazie all’inserimento di un cornicione metallico.
Annullate le virtù piccolo borghesi della palazzina ed ottenuto un aspetto più raffinato ed astratto, Trebbi ha proseguito puntando su un miglior rapporto tra interno ed esterno. Ha sostituito gli infissi esistenti, realizzati in base al principio del minimo costo, con altri ad anta unica. E realizzato nuove bucature che sono servite a rendere più contemporaneo il prospetto e più ariosi gli spazi interni. Infatti se per un soggiorno di dimensioni contenute poteva bastare una finestra, per dare luce a un soggiorno di oltre cento metri quadrati e su più livelli, occorrevano grandi aperture.
E’ nell’interno, dove i diktat del regolamento edilizio sono più flessibili, che il progetto del nuovo spazio ha preso forma. Ciò è avvenuto mettendo in crisi la partizione per piani e così trasformandolo in un organismo unitario. Ed è qui che Trebbi ha mostrato di essere un progettista dotato, evitando l’errore che in questi casi si compie di frequente: realizzare stanzoni monumentali e fuori scala la cui misura umana è faticosamente recuperata solo attraverso qualche affaccio in doppia altezza. A questa strategia Trebbi ha contrapposto e con successo quella quasi centenaria e ancora oggi efficace del raumplan. Cioè di un...
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