Metrogramma

Scritto da Luigi Prestinenza Puglisi - 8 gennaio 2010

Sono stato recentemente nello studio di Metrogramma. C’erano lavori in corso per annettere al piano inferiore una parte del primo piano dello stabile. Mentre mi mostravano i nuovi locali, Alberto Francini, uno dei due titolari dello studio, mi ha indicato dove avrebbero installato l’ascensore che li avrebbe collegati. Meravigliato dall’eccessiva dimensione del vano corsa, ho chiesto di che tipo di ascensore si trattasse. Francini mi ha risposto che l’ascensore sarebbe stato di dimensioni normali ma tutto intorno vi avrebbero realizzato una libreria, per sfruttare al meglio lo spazio e per rendere il sia pur breve tragitto una esperienza spazialmente interessante. “Come Koolhaas nella villa a Floriac?” Ho chiesto. “Si, a pensarci bene, si”. Mi ha risposto. “Però - ha continuato - non pensare che questo sia il nostro principale riferimento”.
E, infatti, se Metrogramma ha avuto il merito di essere stato tra i primi ad importare in Italia parte del lessico e dell’impostazione programmatica della scuola olandese, ha anche altre e numerose frecce al proprio arco, tanto da rifiutare specifiche etichette e individuare la propria cifra in tre parole chiave: continuità, rottura, futuro; a significare il desiderio di accedere a una sperimentazione ad ampio raggio che a priori non esclude alcun contributo, venga questi dal presente o dal passato, per non parlare poi dell’attenzione con la quale guardano all’esperienza dell’architettura italiana del dopoguerra, soprattutto quella più sperimentale: Albini, Ponti, Mollino…
Laureatisi a Venezia e Firenze, Andrea Boschetti e Alberto Francini, hanno studiato in due facoltà dalle grandi tradizioni ma da tempo ermeticamente chiuse all’innovazione e alla sperimentazione. Nel 1995, per cambiare aria, fanno la cosa giusta: il primo va in America alla Columbia University e poi in Olanda, a Rotterdam, dove lavora per Rem Koolhaas, un architetto ancora non universalmente famoso ma certamente emergente, che nel 1996...