Tende e tendaggi evocano atmosfere ovattate, alludono a ”quelle federe, copertine e custodie”, a quei mondi del secolo scorso racchiusi in un astuccio o in un guscio descritti da Walter Benjamin (Parigi capitale del XIX secolo, Einaudi, Torino, 1986). La modernità, invece, per raggiungere purezza e trasparenza sembra si sia emancipata dalle tende, spogliandosi da qualsiasi diaframma tra interno ed esterno per rivelare spudoratamente i suoi nudi spazi privati.
Pare quasi che tra modernità e tendaggi esista una contraddizione metodologica e che, in qualche misura, le tende indeboliscano il rigore compositivo e sporchino le superfici. L’abbondanza e la ricchezza dei tessuti classici è roba da decoratori.
Architetti e designer conviene si concentrino, al massino, su schermi lamellari, o su pannelli filtranti, privi di morbidezze. Si deve a Petra Blaisse la riconciliazione dell’architettura moderna d’autore con le tende tessili. Singolare figura di progettista, attratta dagli spazi temporanei, mutevoli e flessibili, ha, sin dagli esordi, concentrato la sua attenzione sui giardini e sui tendaggi, cercando di ridisegnare il rapporto tra interno ed esterno, regolato, in passato, da una falsificazione.
“Un tempo”, dice, “si denaturalizzavano i giardini, disegnandoli come dei tappeti e, per contro, si tessevano per l’interior tappeti simili a giardini. Lavorando sui diaframmi tento di ricostruire la natura all’interno, non mimeticamente, ma attraverso porzioni di visione, sapienti filtraggi della luce e fluidità di movimenti”.
Le tende hanno dinamiche silenziose, come il frusciare del vento, ondeggiano al passaggio delle persone, quasi possedessero una propria vitalità. Sono, in un certo senso, elementi vivi, al pari di quelli naturali. Perciò parti integranti e non accessorie dell’architettura e dell’interior. Petra sottolinea come le sue tende, che definisce “emancipate” nascano e si sviluppino dalla collaborazione con gli architetti e con i...
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