Gae Aulenti e Maria Giuseppina Grasso Cannizzo sono le uniche due italiane pubblicate nel numero 732 di Casabella dedicato alle donne architetto: la prima con un profilo, la seconda con casa Parisi-Sortino. Considerato che la Aulenti è oramai un monumento nazionale e parlare di lei era quasi un atto dovuto, il numero deve a mio avviso intendersi come un riconoscimento alla bravissima Maria Giuseppina. Sue opere sono state esposte nella mostra sugli interni curata da Mirko Zardini ospitata alla biennale di Venezia del 2004, e hanno meritato segnalazioni al Mies Award, ed alla Medaglia d’oro della Triennale. Inoltre, se non fosse per l’ostinato perfezionismo che la induce a una produzione selezionata e ultracontrollata, non sarebbero state poche le mostre e pubblicazioni a lei dedicate. In Sicilia, la Grasso Cannizzo rappresenta il progettista di talento, professionalmente integro, aperto al mondo contemporaneo. E’amata dai giovani mentre è temuta dalle due università di Siracusa e di Palermo che quasi ne ignorano l’esistenza: nessuna delle due, infatti, nonostante sia il più bravo architetto operante nell’isola, ha pensato di offrirle una cattedra.
Perché tanta attenzione o calcolata distrazione per una progettista che ha prodotto opere di dimensioni molto limitate, quasi sempre ristrutturazioni di appartamenti o interni commerciali? La risposta che saprei dare mi è suggerita proprio dall’accostamento casuale fatto da Casabella con Gae Aulenti, autrice, invece, di opere gigantesche, monumentali, fuori scala. In una vecchia edizione della storia dell’arte di Giulio Carlo Argan, il critico spiega la differenza tra una piccola saliera di Benvenuto Cellini e una ingombrante statua del Gianbologna. Dice: la statua del Gianbologna è un soprammobile da piazza, la saliera di Benvenuto Cellini un monumento da tavola. Ecco, la Cannizzo anche se produce opere piccolissime, riesce in quello che a troppi progettisti che macinano metri cubi su metri cubi è negato:...
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