Definire designer Florence Doléac, potrebbe apparire indelicato, perché questa coraggiosa ragazza dagli occhi stupefatti, si sta, in solitudine, interrogando sulla sua identità. Dopo aver fatto parte del gruppo d’avanguardia Radi designers, ha deciso di proseguire da sola. Sola professionalmente e sola nella vita privata, perché anche il suo matrimonio con Robert Stadler, uno dei Radi, è finito. Ha lasciato casa e studio, ha riposto le sue cose in grandi scatole di cartone e vive e lavora, provvisoriamente, in un monolocale della città degli artisti di Montmartre. “Porsi delle questioni”, afferma, “è un modo per definirsi. Prima si confrontava con i membri del suo gruppo, oggi solo con se stessa. E in questo soliloquio sta rivelando qualità che, forse, appartengono più all’arte che al design. Sebbene il distinguo disciplinare per i suoi più recenti progetti non abbia ragion d’essere, dato che sono trasversali al design, all’arte e alla moda.
“Divagazioni”, li definisce lei stessa, perché nascono da uno sguardo laterale che cerca di cogliere il lato nascosto delle cose, quello poetico e magico sopito che ha bisogno d’essere rivelato. Guardare gli oggetti consueti e immaginare che possano trasformarsi, assumendo altre sembianze e prestazioni. Spostare lo sguardo per cogliere aspetti inediti della banalità quotidiana. Rovesciare i codici per moltiplicare le funzioni Questo il suo approccio per mutare l’utile in immaginario, mettendo in scena attorno agli oggetti d’uso favole animate. I suoi progetti sono dei giochi di prestigio senza trucco. La borsetta Obracadabra per Ocaba esce, come il coniglio dal cappello, da un classico borsellino con la cerniera a scatto. I tappeti di feltro, editati dalla Galleria parigina Aline Vidal, possono diventare grandi scacchiere per giocare a backgammon, o per fare i solitari. Sempre per Aline Vidal ha creato la “Sedia messa a nudo”. Ispirandosi ad una tradizione del Kirghizstan, che vuole che la madre offra alla figlia,...
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