Inga Sempé è severa e intransigente, soprattutto con se stessa. E’ quieta e reticente. A differenza d’ altri designer della nuova generazione, non ama raccontarsi. Della sua vita privata poco trapela. Lascia intuire che è dura cercare di sopravvivere facendo la designer. “Non alla francese”, precisa. “ Per i francesi design vuol dire forme bizzarre e care. Il design, invece, non è uno stile, ma una disciplina”. Veste e s’atteggia per passare inosservata, per lasciar parlare i suoi progetti, che spera abbiano l’autonomia per essere riconosciuti ed apprezzati come cose indipendenti dall’aura della firma.
Ha scelto di fare la designer, perché adora gli oggetti, i loro dettagli ed ama interrogarsi sul loro utilizzo. Il suo interesse per gli oggetti non nasce da una disposizione consumistica, da un’estasi dell’artificiale, tipica dei giovani, ma è un modo per conoscere, per porsi delle questioni sulla vita, magari iniziando dai dettagli quotidiani.
Dopo il diploma è stata a Roma, a Villa Medici, con una borsa di studio. Ha imparato l’italiano e ha maturato la passione per il disegno, utilizzando dei grandi fogli quadrettati che si trovano in Italia. La scenografica lampada da terra plissé, entrata nella collezione Cappellini, è nata proprio a Roma, partendo da quei grandi fogli quadrettati, quasi come un’operazione matematica, per dare, con la regolare serialità delle pieghe, un’inaspettata consistenza a qualcosa di leggero, come il tessuto. Il suo plissé non deriva dalla couture, da contaminazioni, all’ordine del giorno, tra moda e design. E’ piuttosto un’operazione scientifica, quasi un artificio tecnologico, per dare rigidità e una regolare articolazione ad un materiale leggero. Le pieghe inamidate sono come le nervature utilizzate per rinforzare le scocche di plastica o le gettate di cemento.
Anche il contenitore Brosse, disegnato per Edra nel 2003 rivela, per quelle ironie della sorte, analogie con la moda che, per l’inverno 2003/04, ha...
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