Inizia nel 1985 con la poltroncina Numero Uno l’avventura di Massimo Iosa Ghini, appena ventiseienne, nelle avanguardie del design italiano. Prima di allora si trova, con Andrea Pazienza e Marcello Jori, immerso in una vera e propria rivoluzione nel mondo dell’immagine illustrata. Di questa rivoluzione è la Bologna del DAMS e degli studi di Umberto Eco sulla comunicazione, a fornire un indiscusso polo d’attrazione. Si laurea in Architettura al Politecnico di Milano e sarà proprio questa città ad offrirgli la realizzazione di numerose scenografie televisive e a segnare l’indissolubile connubio con il mondo della moda. La successiva collaborazione con Memphis segna il riconoscimento e la vera affermazione di quello che sarà definito “il segno Iosa Ghini”, un segno veloce e fluido che dimostra l’esistenza di un’estetica precisa e prende le forme di un movimento culturale: il bolidismo. Il riferimento è al bolide a cui inneggia Marinetti nel suo Manifesto del futurismo. Il tratto distintivo è la mobilità fisica e concettuale. Il punto d’arrivo è la “Città Fluida”, rete immateriale che si sovrappone allo spazio, paragonabile ad un sistema nervoso, con vie di comunicazione e nodi di smistamento delle informazioni. Movimento, dinamicità, leggerezza, molteplicità, divenire, azione si traducono nel design in una predilezione per forme dinamiche, “modellate dal vento”. Il ’97 è l’anno della prima collezione, DINAMIC e il ’98 quello della personale a Tokyo.
Ma è nella progettazione di spazi che le considerazioni teoriche e le visioni futuristiche si attualizzano in pieno. Ferrari, Superga, Omnitel, Renault, ed altre aziende internazionali recepiscono il messaggio innovativo e concreto della filosofia che sta dietro il progetto di Iosa Ghini. Nascono allora progetti complessi in cui si desidera affrontare l’immagine globale di un’azienda sviluppando l’intero processo di creazione: la ricerca di marketing, l’ideazione progettuale, lo sviluppo tecnico,...
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