Il tema dell’architettura funeraria concentra molteplici valori simbolici, nel luogo del ricordo e della continuità della pietas, che esprimono concezioni profonde, dichiarate o implicite, vigenti all’interno della società. Il proposito di trasformare una cappella funeraria di famiglia in un cimitero dalle connotazioni storiche assume forse il significato di una ulteriore dichiarazione d’identità, una condizione in cui l’architettura diviene fulcro di una proposizione di memoria accumulata. Il progetto d’architettura funeraria, in generale, si confronta con questo insieme di valori e valutazioni, di convinzioni e concezioni, inserendo frammenti di pensiero contemporaneo in un luogo in cui si manifesta l’evidenza delle stratificazioni storiche; nel caso di nuovi comparti, ampliamenti, nuovi cimiteri, l’architettura si trova a proporre un universo compiuto di segni e simboli, nella coerenza d’intervento. A San Giorgio Canavese (provincia di Torino), il progetto di Raimondo Guidacci opera in una situazione d’interferenza e correlazioni immediate: la schiera di cappelle storiche di famiglia che perimetrano un campo per l’inumazione. Trasformare un tassello nella schiera di cappelle esistenti significa modificare una visione d’insieme, produrre nuovi segni e nuove indicazioni di memoria in un luogo di consolidata presenza storica, che forma un equilibrio delicato e, in un certo senso, precario. Il progetto interviene nella consapevolezza che un nuovo equilibrio si potrà consolidare attraverso la composizione di scelte mediate fra l’espressione di un linguaggio proprio e l’esigenza di cautela nei confronti delle memorie circostanti, concrezione di simboli e sensibilità. L’idea costituiva di monumento, luogo della memoria e ammonimento, diviene implicita formalizzazione del pensiero progettuale: rarefazione del linguaggio, astrazione e separazione dagli edifici funerari circostanti, evidenza dei materiali nella loro purezza, in un disegno che si inserisce nella sequenza di cappelle, ricche di ornamenti architettonici che si sovrappongono alle linee geometriche. La trasformazione della cappella si indirizza al recupero di una geometria lineare, pregna del gesto assoluto che si serra sull’essenza e, per contrasto, si pone in colloquio con la storicità. La conservazione del profilo geometrico della cappella preesistente, in assonanza con parte delle cappelle preesistenti, è strumento espressivo: la forma si assesta per sottrazione degli elementi ornamentali, attraverso la combinazione di linee geometriche rigorose e materiali. La cappella, a pianta quadrata con lato di circa 3 metri, si compone di un volume cubico su cui si erge un timpano; il rivestimento esterno in lastre di beola bianca a grande dimensione si interrompe in facciata: l’ingresso alla cappella è formato da due alte lastre in vetro. Il prospetto è caratterizzato dall’evidenza di una croce stilizzata, realizzata per mezzo di due profili in inox accoppiati su un piatto continuo: i profili angolari fungono da maniglia per l’apertura delle porte di ingresso in vetro, e rappresentano la linea di trabeazione, nel contatto fra parete verticale e copertura in beola. Lo spazio interno della cappella compone principi di astrazione geometrica e concentrazione delle percezioni. La pavimentazione interna e la parete frontale sono rivestite da lastre di beola, le altre pareti ed il soffitto sono verniciati in smalto satinato nero. La botola di accesso allo spazio interrato è formata da due lastre della pavimentazione. L’astrazione delle linee nello spazio interno consente di indirizzare la percezione sulla lastra in granito nero assoluto, elemento centrale della cappella, di valore scultoreo: nove rose rosse su un letto di sabbia rossa costituiscono il nucleo sensibile della memoria e dell’omaggio nel ricordo.
Luogo: San Giorgio Canavese, Torino
Committente: Famiglia L’Episcopo
Anno di Realizzazione: 2011
Superficie Costruita: 9 m2
Costo: 40.000 Euro
Architetti: Raimondo Guidacci
Fornitori
Decorazioni Interne: Sikkens
Vaso in Granito: Catella Fratelli
Impermeabilizzazione: Mapei
Fotografie: © Beppe Giardino
Raimondo Guidacci
Raimondo Guidacci (Foggia 1968) si laurea in architettura nel 1995 presso lo IUAV (relatore Carlo Magnani) di Venezia. Contemporaneamente si diploma al Conservatorio di Musica Benedetto Marcello.
Nel 1996 apre uno studio professionale ad Orsara di Puglia e nel 1998 a Torino. Dal 1995 al 2005 collabora con Emanuele Levi Montalcini ai Laboratori di Progettazione Architettonica presso la Facoltà di Architettura del Politecnico di Torino, dove dal 1996 al 1999 è anche assistente di Guido Martinero.
Alcuni suoi lavori sono stati pubblicati su riviste specializzate e selezionati in premi di architettura, mostre e rassegne. Tra le pubblicazioni si ricordano in particolare: gli Almanacchi di Casabella; il libro a cura di Marco Mulazzani Architetti Italiani, le nuove generazioni, edito da Electa nel 2006, oltre a riviste specializzate tra le quali The Plan, Abitare, Costruire, D’Architettura, C3.
Il progetto di due case in Puglia è stato selezionato al Premio Cosenza 2004 e al Premio Barbara Cappochin 2007 nella categoria “migliori opere internazionali”; ha vinto il premio INARCH/ANCE 2008 per la categoria “opera realizzata da giovane professionista”; è stato premiato nella sezione architettura al Premio di architettura per la Capitanata 2010, assegnato dall’Ordine degli Architetti della Provincia di Foggia.
Svolge la sua attività professionale tra la Puglia, sua terra di origine, ed il Piemonte, dove vive attualmente.
Al momento si sta occupando del progetto di alcune case unifamiliari in Puglia e dell’ampliamento del cimitero di San Mauro Torinese.